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Giovanni Albanese
Solo roba per bambini , è un progetto inedito a cui l’artista lavora da più di 10 anni: una serie di personaggi costruiti nel tempo e con pazienza, abitano lo spazio di VOLUME! come sospinti da un moto costante. Vota Antonio, Pantani, Cecchino, Giudice, Uno che fa buchi nell’acqua sono solo alcuni degli strani automi realizzati con materiali di recupero, abitanti di uno spazio che diviene, allo stesso tempo, scenario e attore del racconto fantastico messo in scena dall’artista, animato dalla presenza dello spettatore e dalla sua immaginazione. Come scrive Ascanio Celestini nel testo che accompagna la mostra: “Non esistono oggetti muti, ma solo persone sorde che non li sanno ascoltare. E Giovanni cammina in mezzo a questo cimitero del presente. Parla coi morti del suo Spoon River. Elettrodomestici del passato, chiavi avanzate dalla galera, biciclette scassate. Ci parla e traduce per noi la loro lingua scomparsa”.
VOLUME! si fa custode di un’atmosfera in cui luci, ombre, presenze surreali e suoni di movimenti meccanici e improvvisi si mescolano e accompagnano lo spettatore in un percorso straniante che, passo dopo passo, svela il procedere della narrazione.
L’artista riporta nella quotidianità l’elemento ludico e offre allo spettatore una nuova prospettiva da cui osservare il mondo, con lo sguardo tipico di chi sa ancora lasciarsi sorprendere.
- Mostra: Solo roba per bambini
- Anno: 2018
Gagnon Claudie - Lorbeer Johan
La Fondazione VOLUME!, ha inaugurato il primo appuntamento del programma performativo One Night Stand, un nuovo progetto che nel corso dell’anno ha coinvolto, presso i propri spazi, performers di fama internazionale. La manifestazione, il cui titolo rimanda alla velocità di un amore consumato nel breve arco di una notte, riferendosi così alla durata delle azioni artistiche, si apre con Johan Lorbeer (Berlino) e Claudie Gagnon (Quebec).
Claudie Gagnon
Le renard et la dent di Claudie Gagnon comprende due tableaux vivants realizzati come libere rappresentazioni de La cura della follia di Hieronymus Bosch, e del dipinto di Otto Dix To Beauty. Oggetti di fattura artigianale, la partecipazione di figuranti e l’assenza di parola sono i semplici elementi con cui l’artista costruisce le sue performances, amplificandone il valore immaginifico e fantastico. A metà via tra le rappresentazioni teatrali del XVIII secolo e il cabaret degli anni ’50, le due azioni di Claudie ricordano gli sketches del teatro burlesco, e come al tempo del cinema muto l’azione sarà ritmata in diretta dal musicista Frederic Lebrasseur.
Johan Lorbeer
Tarzan / Standing Leg è il titolo dell’azione performativa di Johan Lorbeer, una disorientante e inaspettata relazione tra spazio ed essere umano che sfida le comuni leggi di gravità rimanendo saldo in posizioni apparentemente naturali. Lorbeer trasferisce corpo e spazio in un contesto surreale, trasformandosi in scultura e mettendo in discussione le più consuete modalità di osservazione dello spettatore. Con le sue Still-Life-Performances Lorbeer supera le categorie classiche della performance, che sconfinando nella “scultura umana” neutralizza l’azione con la durata della rappresentazione.
- Mostra: One Night Stand
- Anno: 2008
- Curatore: Myriam Laplante
Galindo Regina Josè
Regina Josè Galindo per la sua azione performativa, trova congeniale negli spazi di VOLUME! non tanto il valore espositivo del luogo, quanto l’accidentale legame di esso con il vicino carcere di Regina Coeli. Nessuna modifica, nessun consistente intervento. Questa volta l’atrio della Fondazione fa semplicemente spazio, al suo centro, ad un rudimentale ceppo, a cui per cinque ore consecutive l’artista si costringe all’immobilità ed all’isolamento forzato, divenendo singola e spiazzante proiezione della struttura carceraria, della sua sottile struggente significazione. Regina annoda concettualmente al luogo il suo intervento, mettendo in atto un’azione di denuncia politica sociale, servendosi dello spazio quanto del suo corpo liberato della sua individualità e offerto agli astanti quale corpo preindividuale, oggettivizzato in un’entità giuridicamente inclassificabile, ridotto a pura forma di vita, alla contingenza del corpo o a quella della pelle. Spazio minimo della memoria, frammento che visualizza e riattualizza l’oltraggiosa strategia di un controllo sociale che, soprattutto nella complessa politica della sua terra, il Guatemala, mortifica ed offende la dignità dell’essere umano privandolo del bene primario, la libertà. Il luogo, l’azione artistica innescano un angoscioso meccanismo, che riporta al presente l’assurda e drammatica ripetizione della macchia della storia, e gridandone l’assurdità, denuncia l’urgenza di una vera politica della libertà individuale.
- Mostra: Cepo
- Anno: 2007
- Curatore: Emanuela Nobile Mino
Gallo Giuseppe
Ci sono concetti che nell’apparente leggibilità preservano il proprio alone di mistero dichiarando, implicitamente, l’impossibilità di arrivare al fondo delle cose, alla loro verità ultima. È questa una prerogativa dell’arte che continua ad esporsi quale verità velata, a concedersi agli occhi di tutti senza rivelarsi una volta per tutte. Su questa direzione Giuseppe Gallo ha impostato il suo intervento a Volume!, non a caso titolandolo Opinioni, in cui il suo parere sull’arte si fa materia pittorica e reimpostazione architettonica. Un’idea personale che si articola in una serie di tele, tutte di contenute dimensioni, collocate lungo le pareti ad un’altezza che le rende facilmente fruibili da lontano ma scomode da visionare a distanza ravvicinata. Leggibile/illeggibile è l’ambiguo binomio su cui è determinata l’esposizione, giocata su un ritmo articolato e sostenuto dall’architettura che, seppur non intaccata in maniera invasiva, è stata piegata alla necessità concettuale di Gallo. Luci ed archi reiterati che non fanno altro che emulare la successione ripetuta dei quadri incassati nei muri come se ne facessero parte da sempre. Il tutto si dà in un percorso in apparenza semplice, culminante nell’ultima sala con l’esposizione di un elemento delle sue pitture materializzato in un moderno ed improbabile idolo zoomorfo, che dietro la sua leggibilità nasconde l’impossibilità di districare le parole dell’artista, sapientemente celate dietro un codice criptato che solo il suo artefice può sciogliere. Architettura e pittura sono nuovamente unite nel vano tentativo di afferrare e dare consistenza ad idee sfuggenti anche alla consueta logica discorsiva, ancora una volta legate in un connubio da cui non potranno che derivare tanti altri Perché? senza risposta.
- Mostra: Senza Titolo
- Anno: 2002
- Curatore: Danilo Eccher
Garaicoa Carlos
Partendo da una volontà di decostruire l’agire cristallizzato, ironia e freschezza di pensiero sono le potenti armi comunicative con cui Carlos Garaicoa, artista cubano, mina il sistema dall’interno; è con questa prerogativa che occupa lo spazio di VOLUME! per innescare un messaggio di denuncia, contro le repressioni inferte da sempre all’arte, all’immaginazione e al pensiero da parte del potere costituito. L’artista propone un dialogo metaforico tra cinema ed architettura, dimostrando quanto la potenzialità comunicativa di queste arti, possa esser minata da una volontà di controllo sociale e quanto, la peculiare libertà espressiva, possa essere castrata o assoggettata, diventando strumento al servizio del potere, dinamica storicamente osservabile nelle malefatte dell’industria cinematografica e nella decadenza a cui sono destinate molte strutture architettoniche di rilevante valore culturale. Una carrellata di piccole lightbox incassate nelle pareti, ritraggono foto di cinema di L’Avana, alcuni dei quali in disuso o distrutti, accompagnando il percorso verso la grande stanza, al cui centro domina la maquette che riproduce minuziosamente una monumentale sala cinematografica, al cui interno, scorrono, su un piccolo schermo, i nomi dei registi e i titoli dei film censurati in Italia e a Cuba dagli anni quaranta ad oggi; questa la “carta a los censores”, questo il messaggio che l’artista destina alla coscienza collettiva.
- Mostra: Cartas a los censores (piccolo teatro dell’anarchia)
- Anno: 2003
- Curatore: Teresa Macrì
Gastini Marco
La forza del colore, da sola può trasformare un ambiente senza traumi invasivi, senza cambiarne l’ossatura essenziale. E’ il magico potere della pittura, dei suoi pigmenti, che possono interagire e insinuarsi nello spazio con silente slancio. Accade con il progetto di Gastini, che a VOLUME! ha messo in opera una compenetrazione spazio/colore con la calibrata collocazione delle sue opere. Grovigli metallici, vecchie tele su cui l’artista imprime il nuovo segno pittorico, sono moduli che si affacciano sullo spazio, penetrando l’etereo ed impercettibile volume. E’ una fusione cromatica, giocata sulle abituali tonalità dell’artista, che afferra lo spazio. Una vasta gamma di terre e gli azzurri si rincorrono ritmati e cadenzati dall’improvviso balenare di note di rosso. Con naturalezza le opere diventano parte integrante del luogo come se gli appartenessero da sempre. L’artista segna, così, l’interno di VOLUME! disponendo strategicamente le tracce del suo passaggio nei punti chiave dell’ambiente. Dissimulando la propria matericità, le opere si offrono leggere all’osservatore occupandone lo spazio, altre obbligano ad alzare lo sguardo per la loro sistemazione a mo’ di fregio. La ritmicità del percorso si assolutizza nell'ultima impronta di blu oltremare. Direttamente stesa sull’intonaco bianco, essa attua l’ultima possibile sinstesi. Afferra il vuoto con i suoi metallici tentacoli e, assorbendolo totalemente, lo restituisce in una magnetica ed intensa forma cromatica.
- Mostra: Senza Titolo
- Anno: 2003
- Curatore: Bruno Corà
Gerd Eva
A Volume! la presenza di Eva Gerd si propone come un "non intervento". Proseguendo la ricerca incentrata sull'intimità emotiva, fisica e finanche organica, l'artista danese sceglie di non impossessarsi dello spazio ma di sentirlo.
La performance si sviluppa come un'investigazione fisica e sensoriale. La memoria degli interventi passati e delle energie assorbite dal luogo nel corso della sua storia, non solo recente, sono il campo di esplorazione.
In un ambiente che è stato manipolato, trasformato e marcato dagli artisti, la Gerd cerca tra le crepe, gli angoli e lungo i muri facendo riaffiorare il segno altrui attraverso la propria percezione.
La visione personale dello spazio emerge dal rigurgito di sensazioni emotive e non necessita di sovrastrutture ambientali. Il segno stavolta è dettato dalla espressività; il corpo si fa strumento di elaborazione della memoria di fatti "altrui" filtrata attraverso la propria sensibilità. Soltanto una luce fioca riconduce ad una condizione intima in cui tentare il superamento del limite tra la pelle dello spazio e la pelle umana.
- Mostra: Presente Remoto
- Anno: 2008
- Curatore: Federica La Paglia
Giammetta&Giammetta - Daniela Perego
Un rapporto dialogico tra arte e architettura, che superi le specificità, integrando le differenti prospettive ed elaborazioni, nella volontà di creare una sinergia d’intenti, non può che generare una combinazione spettacolare e suggestiva; questi gli intenti che animano il lavoro, nato dalla cooperazione tra Daniela Perego, artista visuale, e gli architetti Marco e Gianluigi Giammetta, coadiuvati dall’architetto Luca Binerelli, attraverso una collaborazione-coabitazione, che ha portato alla creazione di uno spazio mentale, immaginativo e reale al contempo. Lo spazio di Volume! diventa un anomalo labirinto, morbido e rassicurante, le cui pareti, bianche e retroilluminate, realizzate con un particolare tessuto elastico, creano curve continue, determinando la suggestiva sensazione di trovarsi in uno spazio organico, in un ventre in cui è dolce smarrirsi, un “dentro”; percorso suggestivo, che conduce, attraverso un piacevole smarrimento, alla visione delle immagini, di Daniela Perego, in cui una donna, rannicchiata su se stessa, si muove appena. Le immagini del video, già sussurrate dal percorso, creano, per mezzo di una sovraesposizione, un’ulteriore relazione con lo spazio che le accoglie e le contiene, oltre ad enfatizzare la sensazione di sospensione, caratteristica questa, di molti lavori dell’artista, nella volontà di annullare i riferimenti temporali, attraverso il contrasto tra la figura e il paesaggio in cui essa è inserita.
- Mostra: Dentro
- Anno: 2005
- Curatore: Raffaele Gavarro
González Palma - De Oliveria Graciela
L’episodio sacro dell’Annunciazione nell’intervento di Luis Gonzàles Palma e Graciela de Oliveira assume la consistenza di un percorso riflessivo attorno al tema della coppia. Il soggetto di matrice storico-religioso è depurato dall’alone mistico per essere calato nel presente, schiudendo interrogativi riguardo al progetto di condivisione e di continuazione di due persone in un figlio. “Jerarquìas de intimidad (la anunciacion)”, senza ricorrere a variazioni irreversibili, utilizza lo spazio per ricreare una parentesi irreale ma congeniale al complesso dialogo che i due artisti creano a quattro mani. Utilizzando ognuno i rispettivi mezzi espressivi, illustrando la personale visione in un confronto dialettico modulato nello spazio. Il percorso si apre con i tondi fotografici di Gonzales Palma, che ritraggono le antiche gestualità dell’Angelo e della Madonna di noti dipinti rinascimentali, disposti creando un nuovo rapporto comunicativo. Ne segue un’espressività mimica che Graciela de Oliveira utilizza nel filmato muto in cui è interprete di un messaggio criptato. Gli iniziali input si riversano nella seconda installazione video, in cui la lenta successione di immagini e di domande, rimanda all’attesa di un arrivo. Dal mito religioso alla necessità del presente, nell’ultima sala, due sedie vuote, accostate ad un tavolo illuminato dal basso, prospettano l’annunciazione quale possibilità di scoperta dell’altro quanto della propria essenza.
- Mostra: Jerarquìas de intimidad (la anunciacion)
- Anno: 2006
- Curatore: Irma Arestizàbal