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Branzi Andrea
Andrea Branzi, progettista e teorico, nel 1966 è stato co-fondatore del gruppo Archizoom e del movimento radical, una delle esperienze più incisive e interessanti dell’architettura del Novecento a livello internazionale.
Invitato a confrontarsi con l’identità e gli ambienti della Fondazione VOLUME!, Branzi ha concepito l’opera come un saggio su una nuova "drammaturgia" del progetto, un manifesto scritto attraverso lo spazio e gli oggetti. Nodo centrale della mostra "Anime" è il tema del ciclo della vita e della morte in un continuo fluire. Un tema questo da sempre trascurato dalla disciplina del progetto e più che mai attuale oggi, in un pianeta popolato da 7 miliardi di persone e devastato da guerre di religione. La Fondazione VOLUME!, con la sua storia stratificata, e la città di Roma offrono a Branzi l’occasione di dialogare con le presenze più o meno sotterranee delle anime scomparse e della natura per proporre un messaggio quanto mai vitale. Branzi interviene sullo spazio espositivo per raccontare, attraverso i suoi oggetti - che non sono più strumenti di arredamento, ma testimoni parlanti del presente - storie e riflessioni sulla corrispondenza tra i concetti di vita e di morte. Durante l’inaugurazione sarà presente l’autore per raccontare lo spirito dell’operazione, attraverso una speciale visita guidata all’interno dell’installazione.
- Mostra: Anime
- Anno: 2016
- Curatore: Emilia Giorgi
Baruchello Gianfranco
Perdita di qualità, perdita di identità di Gianfranco Baruchello è un progetto che ridefinisce lo spazio come habitat della memoria. Il progetto nasce da un gruppo di fotografie segnaletiche contenute in un faldone dell’Archivio di Stato di Livorno: 400 fototessere di persone sorvegliate dalla polizia livornese tra gli anni ’30 e ’50, immagini, queste, che nel tempo hanno subito un naturale processo di deterioramento.A modificare l’ambiente, articolato in varie celle, sono quindi sedici di quelle fotografie divenute per l’occasione grandi ritratti fotografici. Alla componente visiva della mostra è affiancata una sonora: nell’ultima sala un testo di Antonio Gramsci viene rivisitato dall’artista, sottraendo alcune parole, e viene letto quasi sottovoce, registrato e diffuso come un mantra nello spazio di VOLUME!
- Mostra: Perdita di qualità, perdita di identità
- Anno: 2014
- Curatore: Silvano Manganaro
Balka - Pirri
Il progetto “Vis à Vis” presso VOLUME!, in concomitanza con l’Istituto Polacco, focalizza l’attenzione su questioni figlie della contemporaneità, quali la memoria e il senso precario di identità individuale e collettiva. Ne sono autori Balka e Pirri che, ricorrendo ancora una volta allo spazio per azionare riflessioni di tale complessità, scelgono una soluzione a due mani, evitando una contrapposizione tra i due progetti e preferendo una interazione delle rispettive ipotesi espressive. Entrambi partono dal concetto di città, quale riferimento alle complesse lacerazioni del nostro presente, e alle incertezze che ne derivano. Pirri sceglie di prendere possesso dello spazio realizzando una pavimentazione che preserva un barlume di principi di armonia e linearità, debitori all’utopica città ideale rinascimentale, rimessi in discussione dal minaccioso incunearsi di frammenti di vetro rosa. L’allusione alla alienazione dell’individuo, alla sua innaturale omologazione e al senso della minaccia dell’altro, è intensificata dall’intreccio con l’installazione video di Balka. In esso il dramma della condizione umana di Pirri, è visualizzata dalle immagini sul monitor del jazzista Tadeus Stanko, che con il suono struggente della sua tromba, rimanda alla sottile malinconia per un mondo che sta sparendo. La melodia, librandosi nello spazio, funge dunque, da memorandum ricordando che il mondo a cui apparteniamo è sempre più povero di senso, di eticità e di storia.
- Mostra: Non ho capito le ultimo parole - Vis à Vis
- Anno: 2005
- Curatore: Annamaria Nassisi
Bizhan Bassiri
È un’aria sacrale, quella che si percepisce addentrandosi negli spazi che Bizhan Bassiri rielabora per VOLUME!, introducendoci all’interno di un’antica narrazione, all’interno di un luogo in cui è messa in scena l’idea di percorso, che si dipana attraverso i segni emblematici della sua opera: lo Scudo, le Erme, la Spada. Le pareti dello spazio, stavolta perfettamente intonacate ed imbiancate, contrastano con l’intenso blu della pavimentazione; un’enorme scudo, realizzato in ferro, grafite e pietra lavica occupa la parete di destra della stanza più grande, introducendoci ad una seconda area, in cui diciotto erme, realizzate con gli stessi materiali, attendono lo spettatore, come una sorta di esercito, che, occupando lo spazio fisico, stimola una partecipazione ed una necessaria interrogazione; tale riflessione, si discioglie nella contrastante visione dell’ultimo spazio, in cui una luce divorante rivela il segreto, rappresentato da una scintillante spada di bronzo, posta su un piedistallo al centro del corridoio ovoidale le cui pareti diventano gialle, come avendo assorbito totalmente la luce della scultura. La sperimentazione materica, che caratterizza l’intero percorso artistico di Bassiri, nell’utilizzo di alluminio, bonzo, elementi lavici, nasce dalla volontà di esprimere, tramite sculture, elaborazioni fotografiche e l’uso di differenti tecniche pittoriche, l’immagine che sottende al pensiero “magmatico”, di cui l’artista costituisce il manifesto.
- Mostra: Erme
- Anno: 2000
- Curatore: Bruno Corà
Boltanski Christian
Sans Fin ci conduce per mano all’interno di un avvenimento a cui ciascuno di noi può prendere parte: 20 grandi fotografie su tela girano incessantemente nello spazio percorrendo tutti gli ambienti in un movimento circolare. Una struttura in metallo sorregge le immagini mentre un motore imprime fluidità mnemonica al movimento. Drappi bianchi e fluttuanti si accendono così di volti in bianco e nero: contorni sfumati, lineamenti suggeriti attraverso collage, dove caratteri fisiognomici, età, riferimenti, si confondono nella sovrapposizione e nell’epifania di volti nuovi, inaspettati, casuali.
- Mostra: Sans Fin
- Anno: 2011
- Curatore: Claudia Gioia
Botta Gregorio
Come si ottiene “La massima energia visiva con il minimo segno”? Gregorio Botta lo fa attraverso l’utilizzo di opposti: semplice-complesso, pieno-vuoto, buio-luce, caldo-freddo. È cosi che l’artista crea il suo spazio: un luogo “che chiami alla concentrazione, all’intensità”. Un ambiente costruito su dei mattoni fatti di silenzio. Casetta, Afflato e Anello, le opere che l’artista realizza per VOLUME!, creano un percorso in cui esse agiscono nello spazio per mezzo di riflessi e flebili visioni. Prima opera del percorso una casetta bianca: forma apparentemente conclusa che, ad uno sguardo ravvicinato, rivela, attraverso un gioco di riflessi sulla parete contigua, movimenti circolari di flebili lumi che vivono al suo interno. Proseguendo, il suono costante di un respiro carpisce lo sguardo verso un alambicco di vetro installato sulla parete, dal cui movimento si genera un soffio che, diretto in un foro nel muro, fa vivere una fiammella. Di fronte, a chiudere il percorso, alla fine del corridoio ovale, la tremula luce riflessa sulla parete di un anello inciso nel pavimento dal fluire dell’acqua. In tutto il percorso, la consistenza della materia, la pesantezza del cemento sono trasposti nella leggerezza del fuoco come nella trasparenza dell’acqua. L’artista è l’artefice di equilibrati meccanismi capaci di instaurare un dialogo tra visibile e invisibile, dove apparenza e materia creano un mondo umbratile.
- Mostra: Accendere una lampada e sparire
- Anno: 2009
- Curatore: Achille Bonito Oliva
Bulgini Alessandro
Sugli unici registri del bianco e del nero, della luce e dell’ombra senza possibilità di gradazione, è stata impostata l’installazione Hairetikos di Alessandro Bulgini presso VOLUME!. Con questo intervento “la visione del mondo” dell’artista si materializza in una netta bipartizione dello spazio, risultato di una quasi totale trasfigurazione dell’ambiente, necessaria a tradurre in esperienza vissuta il concetto dell’esposizione, giocato sull’idea di visibile e invisibile, di esterno ed interno. Il consueto ingresso è stato reinventato assumendo l’aspetto di una camera nobile rifinita nei suoi particolari ed illuminata dalla luce di un elegante lampadario, amplificata da quattro tubi al neon collocati strategicamente negli angoli della volta. Da questo punto, un’angusta soglia segna il repentino e traumatico passaggio da una condizione all’altra, da una situazione ambientale e concettuale chiara e determinata, ad una successiva immersa nel buio totale, assolutamente disorientante. All’interno di questa seconda sala, le cui pareti sono state interamente tinteggiate di nero, l’osservatore necessita il tempo per riabituare la propria pupilla e per prendere visione dei tre dipinti che Alessandro Bulgini ha collocato. L’essenza della ricerca pittorica di Bulgini, dei suoi misteriosi dipinti, si fa percorso che allude alla necessità di recuperare un tempo perduto e di prendere coscienza della verità, tale perché nell’oscurità, perché non svenduta come falsa evidenza.
- Mostra: Hairetikos
- Anno: 2003
- Curatore: Paola Magni