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Manes Luca – Di Martino Ra – Proctor Ruth – Trevisani Luca – Shoshan Assaf
La Fondazione VOLUME! presenta una rassegna di video arte, che per cinque settimane vedrà i lavori di cinque artisti inserirsi negli spazi di via San Francesco di Sales, per indagare le varie declinazioni di questo complesso linguaggio e le sue molteplici potenzialità. In questa ottica, sono stati invitati, Ruth Proctor, Rä di Martino, Luca Trevisani, Luca Manes e Assaf Shoshan, che si susseguiranno nella programmazione ogni martedì. Ispirandosi al noto brano di Domenico Modugno, il leit motiv che ha guidato la selezione delle opere è la meraviglia, intesa sia come capacità di osservare la realtà con stupore, passione e ironia, sia come volontà di denunciare o porre l’attenzione su dettagli poco visibili.
Ruth Proctor
Artista londinese, aprirà il programma della rassegna con tre video, uno dei quali realizzato appositamente per la mostra, intitolato Something wonderful will happen. Ironia e citazioni, dalle atmosfere legate all’estetica anni ’20, attraversano la produzione dell’artista sin dai suoi esordi. Il video, come materia che esprime al meglio l’idea di movimento continuo è scelto per dare perfetta forma alle performance che l’artista cattura su pellicola.
Rä Di Martino
Artista che gioca col mezzo cinematografico, scomponendone le dinamiche e mettendone in discussione non solo il linguaggio ma anche i meccanismi che internamente lo costituiscono. Preponderante in tutte le sue opere è il tentativo di dare al tempo un ritmo personale, sospendendolo e dilatandone talvolta la dimensione, in un immaginario che supera ogni definizione.
Luca Trevisani
Presenta un corpus di video realizzati nel corso degli ultimi anni, dal forte carattere scultoreo. Questo lavoro affronta tematiche come la trasformazione della materia e il rapporto con la natura, vista come flusso di eventi governati da una processualità osmotica e complessa. Attingendo dalle fonti più inaspettate, come testi scientifici, letteratura e storia ne restituisce i meccanismi attraverso la potenza e la spettacolarità delle immagini.
Luca Manes
Il suo lavoro mescola le peculiarità linguistiche della fotografia e del video, evidenziando le forme di rappresentazione del tempo e dello spazio. Entrambi i lavori esposti riflettono su questo dualismo anche attraverso la rielaborazione di tecniche utilizzate dai pionieri del cinema. Uno sguardo che da forma a livelli e strati più complessi della semplice percezione della realtà e dello spazio-tempo.
Assaf Shosan
Fotografo e videomaker israeliano, trapiantato in Francia e attualmente in residenza a Villa Medici. Il suo lavoro racconta storie di persone che vivono al confine, ritraendo situazioni di difficoltà con intenti non propriamente documentaristici. L’artista parte dalla sua stessa storia per riportare atmosfere in grado di suscitare una naturale immedesimazione e di stimolare una più ampia riflessione socio-politica.
- Mostra: Meraviglioso ….ma come non ti accorgi di quanto il mondo sia meraviglioso…
- Anno: 2014
- Curatore: Fondazione VOLUME!
Maraniello Giuseppe
Uno spazio incompiuto ha un’identità imprecisata che si lascia plasmare in variabile forme. Diviene dimensione altra che eccede la propria fisicità per offrirsi quale fluida realtà al servizio dell’arte, annodandosi con essa in un ideale vortice in perpetuo movimento. Allo stesso modo lo spazio di Giuseppe maraniello smette di essere semplice contenitore e, perdendo le comuni coordinate spaziali, diviene luogo irreale abitato da figure archetipocje della sintetica levigatezza. Guardarle semberebbero le immagini materializzate da arcaiche pittturre rupestri, eppure non alludono ad alcuna collocazione storica esatta. In realtà sno figure intimimamente legate all’ideale ponte spazio/temporale creato dall’artista. Alcune rimangono custodite, come moderni reperti archeologici, in una sorta di fessura realizzata nella pavimentazione, altre invece conquistano l’impalpabile volume di maraniello e sovvertendo le comuni leggi gravitazionali lo occupano, librandosi a mezz’aria o incassandosi per metà nella pavimentazione. Accade soprattutto alla reiterata iconografia della barca che spunta in ogni angolo, come pure in un mosaico dalla semplicità infantile. E’ forse in questo elemento da ricercare una chiave interpretativa, che rimanda all0idea del Grande Viaggio, da non intendere come ritorno al passato ma come necessità di indagare la sedimentata memoria collettiva in cui ritrovare tracce della nostra origine, per sciogliere il nodo gordiano dell’esistenza.
- Mostra: Sponde
- Anno: 2004
- Curatore: Lorenzo Benedetti
Mauri Fabio
L’opera bella va oltre il suo tempo, supera l’icasticità, ha vita propria, contenendo una totalità ineffabile, sussurrando quel che c’è di indeterminato nell’esperienza percettiva di chi ne fruisce, in uno scambio capace di ridare totalità all’opera stessa. Questa l’arte di Fabio Mauri, la sua ecletticità, capace di rendere l’essenza che sottende ad ogni esperienza artistica, ad ogni percorso conoscitivo: l’eterno persistere della domanda, il suo riformularsi. “Cielo Vicino”, nasce dal connubio di un’installazione ed una performance, richiama un’esperienza esistenziale che accomuna l’uomo, nella generale impossibilità di giustificare la morte; “convincimi della morte degli altri capisco solo la mia”, scrive l’artista, su una striscia di tessuto appesa lungo una parete dello spazio, descrivendo l’assurdità della trascendenza a cui l’uomo è destinato a credere, nella volontà di rispondere al paradosso della morte. Da questa esigenza nasce la trasfigurazione di una vita dopo la morte, una vita capovolta.
Questa la metafora che Mauri mette in scena, ricreando una sala cinematografica dove stravolge la prospettiva, installando al soffitto una parte dei sedili; visione che si sublima nelle immagini di Gertrud, film di Dreyer, la cui proiezione riempie anche le pagine del giornale sfogliato dall’unico spettatore, mentre in un corridoio dello spazio, lo sguardo penetrante di un’attrice quasi immobile riesce a rendere tutta la profondità dell’immagine.
- Mostra: Cielo vicino
- Anno: 2005
- Curatore: Giacomo Zaza
Morellet François
“Tell rome morellet” è il titolo del progetto che ha impegnato François Morellet negli spazi di VOLUME!. Annullando ogni possibilità di trasfigurare la complessità dell’architettura, l’artista vi installa discretamente i suoi lavori al neon offrendosi la possibilità di instaurare un rapporto di sottile effusione energetica tra l’elemento architettonico e artistico. I moduli luminosi/geometrici che Morellet dispone all’interno dello spazio, sono ricavati da rigorosi calcoli sul numero irrazionale (Pi greco), ottenendone un andamento programmato che, ad un certo punto, si fa incoerente, instabile ed imprevedibile. In questa variazione si instaura un rapporto tensivo all’interno dell’opera, che riguarda anche lo spazio divenendone il punto di fusione e comunicazione. La resistenza della scrittura luminosa al percorso tracciato da precisi disegni geometrici allude infatti, al tentativo di opporsi alla lineare impostazione di verticali ed orizzontali dell’architettura per attuare uno sconfinamento nello spazio e nel tempo. Nel lavoro di Morellet il punto di incontro tra architettura e opere non è da ricercare nella trasfigurazione dell’ambiente ma nel percorso visivo che all’osservatore si offre. “Serpertant en haute tension”, “pi greco Rococo bleu” e “pi greco Ferococo n°14” sono le tappe di un camminamento, veicoli luminosi di un viaggio che supera la dimensione architettonica del reale, per indicare in silenzio una spazialità non ancora rilevata.
- Mostra: Tell rome morellet
- Anno: 2002
- Curatore: Giacomo Zaza
Morrison Paul
39 metri la lunghezza del paesaggio di fiori e piante che si sviluppa nello spazio di VOLUME!. Un wall painting nero e bianco che cresce sui muri, cambiando la percezione dello spazio. Assoluta protagonista è la natura, per la quale il micro si fa macro creando, come lo definisce l’artista, “un paesaggio cognitivo in relazione simbiotica con un ambiente specifico”. Le pareti bianche di VOLUME! sono cosi ridefinite da un ʽpanoramaʼ bidimensionale dove gli elementi naturali sono dominati da una sorta di effetto “zoom”. Lo spazio viene in parte amplificato da uno specchio posto di fronte al muro, che rende lo spettatore parte integrante dell’opera.
- Mostra: Florigen
- Anno: 2011
- Curatore: Claudia Gioia